Orario estivo Studio Associato Abaco

Si avvertono i Gentili Clienti che lo Studio dal 31/07/17 al 01/09/17 compresi osserverà il seguente orario:

DAL LUNEDI’ AL VENERDI’

DALLE ORE 9:00 ALLE ORE 13:00

INOLTRE SI COMUNICA CHE DAL 14/08 AL 27/08 L’UFFICIO RESTERA’ CHIUSO PER FERIE.

Per ogni comunicazione urgente è attivato al n. 075/5003282 il servizio di segreteria telefonica ed il servizio fax al n. 075/5005313.

L’occasione è gradita per augurare Buone Vacanze!

Tassazione del cellulare ad uso promiscuo

E’ soggetto a tassazione Irpef il rimborso al dipendente per l’utilizzo promiscuo del telefono cellulare. A questa la conclusione individuata dalla risoluzione n. 74 del 20 giugno 2017 dell’agenzia delle Entrate a seguito di quesito di un’azienda che fa presente di voler adottare una nuova modalità di gestione dei telefoni cellulari.

Nel caso di specie la società istante fa presente di fornire ai dipendente un telefono cellulare da utilizzare anche per fini extra aziendali dovendo però, prima di effettuare una chiamata privata, comporre un codice identificativo e comunque lo strumento è limitato da stringenti requisiti di sicurezza imposti dalle policy aziendali.

Per semplificare le cose, la società intende far acquistare i cellulari ai propri dipendenti e rimborsare poi a ciascuno di essi un importo forfettario, pari al 50%, del traffico telefonico sostenuto.

Viene chiesto all’amministrazione finanziaria di chiarire il trattamento ai fini della tassazione del reddito di lavoro dipendente di cui all’art. 51 del TUIR delle somme rimborsate dalla società istante in relazione all’utilizzo del telefono per finalità aziendali.

L’Agenzia fa presente che al caso illustrato va applicato il principio di onnicomprensività, in base al quale “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro” costituiscono reddito imponibile per il dipendente (articolo 51, comma, 1, Tuir). Quindi le somme corrisposte al lavoratore a titolo di rimborso spese rientrano in tale principio.

Con riferimento alla rilevanza reddituale dei rimborsi spese, la risoluzione n. 74 del 20 giugno ricorda che, in linea generale, sono esclusi da imposizione i rimborsi che riguardano spese, diverse da quelle sostenute per produrre il reddito, di competenza del datore di lavoro anticipate dal dipendente per “snellezza operativa”.

In sede di determinazione del reddito di lavoro dipendente, le spese sostenute dal lavoratore e rimborsate dal datore in modo forfetario sono escluse dalla base imponibile solo se tale criterio sia stato previsto dal legislatore. In caso contrario, i costi sostenuti dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili, per evitare che il relativo rimborso rientri nel reddito di lavoro dipendente.
Pertanto il costo relativo al servizio di telefonia, nella misura del 50%, che la società rimborsa al dipendente in modo forfetario, non supportato da elementi e parametri oggettivi, si ritiene che debba concorrere alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.

Split Payment dal 1° luglio 2017

Il D.L. 24 aprile 2017 n. 50 prevede un ampliamento della disciplina dello split payment (scissione dei pagamenti) con decorrenza dal 1° luglio 2017. Si ricorda che, prima dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni (cioè fino al 30 giugno 2017), lo split payment si applicava quando il cessionario acquirente o il committente del servizio destinatario della fattura rientrava tra le “amministrazioni pubbliche”, come definite dall’articolo 1 – comma 2, L. 196/2009, ossia l’elenco ISTAT dei soggetti facenti parte della P.A., elenco che viene periodicamente aggiornato.

La fatturazione per questi soggetti doveva essere in formato elettronico.

Dal 1° luglio 2017 lo split payment viene esteso anche alle operazioni effettuate e fatturate nei confronti dei seguenti soggetti:
– le pubbliche amministrazioni inserite nel conto consolidato;
– le società controllate di diritto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dai ministeri e delle società controllate da queste ultime;
– le società controllate di fatto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dai ministeri e delle società controllate da queste ultime;
– le società controllate di diritto dalle regioni, province, città metropolitane, comuni, unioni di comuni e delle società controllate da queste ultime;
– le società quotate inserite nell’indice Ftse Mib della Borsa italiana.

Con la presente circolare si riepiloga la normativa di riferimento e si danno le prime indicazioni operative per le fatture che verranno emesse dal prossimo 1° luglio 2017.

COS’E’ LO SPLIT PAYMENT
Lo split payment è quel meccanismo di applicazione dell’IVA in base al quale:
– il cedente venditore o prestatore del servizio emette fattura con l’annotazione “scissione dei pagamenti”;
– il cessionario acquirente versa al proprio fornitore l’importo della fattura relativa alla cessione o alla prestazione al netto dell’IVA e successivamente provvede a versare l’importo dell’IVA direttamente all’Erario;
– il cedente venditore/prestatore del servizio, pur esponendo l’IVA in fattura, non incassando la stessa, non deve farla concorrere alla relativa liquidazione dell’Iva del periodo.

La precedente normativa stabiliva un esonero riguardante i compensi fatturati da professionisti e quindi soggetti a ritenuta. Il D.L. 50/2017 interviene eliminando tale previsione. Pertanto da tale data (01/07/2017) anche i professionisti dovranno emettere fatture con applicazione dello split payment.

Con decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze del 27 giugno 2017 sono stati resi pubblici gli elenchi di pubbliche amministrazioni, enti e società, nei cui confronti, dal 1° luglio, diventa obbligatorio fatturare con il meccanismo della scissione dei pagamenti. Questi elenchi saranno aggiornati periodicamente in modo da eliminare dubbi sulle procedure di fatturazione dei fornitori delle Pa, delle società da queste controllate e delle quotate.

IN PRATICA
Si individua il seguente percorso per applicare correttamente la normativa sullo split payment.
I fornitori devono, in primo luogo, operare una prima selezione della propria anagrafica clienti identificandotutti quegli enti e quelle società sottoposti allo split payment che la legge consente di individuare con sufficiente certezza. In modo particolare, utilizzando anche gli elenchi previsti dal DM 27-06-2017 appositamente predisposti, vanno individuate:
– tutte le amministrazioni pubbliche e i soggetti ricompresi nell’articolo 1 – comma 2 della Legge 196/2009. Infatti questi soggetti, corrispondono a tutti coloro che sono soggetti alla fatturazione elettronica obbligatoria e sono inseriti in un apposito elenco ISTAT pubblicato ogni anno entro il 30 settembre;
– le società quotate al Ftse Mib;
– per tutti gli enti e le società per i quali esiste un’incertezza (dovuta all’ampiezza della norma di riferimento) è utile ricorrere al sistema di richiesta previsto dalla norma. In questo caso il fornitore predisporrà una richiesta diretta al cliente per ottenere un’attestazione da cui si evincerà con chiarezza se il regime applicabile per la fatturazione è quello della scissione dei pagamenti. Il cliente è obbligato dalla norma a rispondere e il possesso di tale attestazione obbliga il fornitore ad emettere la fattura a split payment con una implicita riduzione della relativa responsabilità.

ASPETTI CONTABILI DELLO SPLIT PAYMENT
In relazione alle vendite di beni e servizi effettuati a pubbliche amministrazioni o altri enti enti soggetti alla normativa dello split payment come sopra delineata, l’IVA addebitata dal fornitore al cliente nelle relative fatture dovrà essere versata dall’amministrazione acquirente direttamente all’erario, anziché allo stesso fornitore, scindendo quindi il pagamento del corrispettivo della fattura dal pagamento della relativa imposta. Il meccanismo della scissione dei pagamenti riguarda tutti gli acquisti effettuati dalle pubbliche amministrazioni, sia quelli effettuati in ambito non commerciale (ossia nella veste istituzionale) che quelli effettuati nell’esercizio di attività d’impresa.

La scissione dei pagamenti:
– si applica alle sole operazioni documentate mediante fattura emessa dai fornitori;
– non si applica alle operazioni (ad esempio, piccole spese dell’ente pubblico) certificate dal fornitore mediante il rilascio della ricevuta fiscale o dello scontrino;
– non si applica alle operazioni comprese in regimi speciali IVA, quali i regimi monofase (editoria, generi di Monopolio e fiammiferi, tabacchi lavorati, telefoni pubblici e utilizzo mezzi tecnici, documenti viaggio, documenti di sosta nei parcheggi, case d’asta), il regime del margine, il regime delle agenzie di viaggio, il regime speciale agricolo, il regime forfetario delle associazioni sportive dilettantistiche e quello delle attività di intrattenimento e degli spettacoli viaggianti.

In base al meccanismo della scissione dei pagamenti, quindi:
– le Pubbliche Amministrazioni, ancorché non rivestano la qualità di soggetto passivo dell’IVA, devono versare direttamente all’Erario, l’imposta sul valore aggiunto che è stata addebitata loro dai fornitori;
– i fornitori emettono la fattura con l’evidenza dell’IVA e con l’annotazione “scissione dei pagamenti” ovvero “split payment” ai sensi dell’articolo 17-ter, D.P.R. 633/1972;
– gli stessi fornitori operano la registrazione delle fatture emesse (annotandole in modo distinto in un’apposita colonna, ovvero mediante appositi codici) riportando, altresì, l’aliquota applicata e l’ammontare dell’imposta, ma senza far concorrere la medesima nella liquidazione di periodo;
– la fatturazione elettronica (Fattura PA) delle operazioni è rivolta unicamente ai rapporti con le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, c. 2 L. 196/20091, nonché con le amministrazioni autonome. Rimane in formato cartaceo ad esempio la fatturazione alle società quotate in quanto enti privati.

Per scaricare la circolare integrale e visionare un esempio di fatturazione e registrazione contabile con lo split payment (pag. 6): CIRCOLARE SPLIT PAYMENT 

Lo Studio rimane a disposizione per ulteriori chiarimenti.

Regime premiale ISA

Uno dei premi previsti dalla manovra correttiva per i contribuenti ad elevata affidabilità fiscale rispetto ai nuovi ISA è la possibilità data ai contribuenti “compliant” di compensare liberamente i loro crediti con il Fisco.

Fra i benefici del nuovo regime premiale si prevedono, inoltre: l’esclusione dalla disciplina delle società non operative; la riduzione di un anno dei termini di accertamento; l’esclusione degli accertamenti basati sulle presunzioni semplici e una maggior franchigia per l’accertamento sintetico del reddito a favore del contribuente.

Per poter accedere a tali benefici il contribuente dovrà risultare affidabile ai nuovi indicatori sia naturalmente, sia per adeguamento spontaneo in dichiarazione. I contribuenti che miglioreranno la loro affidabilità fiscale aumentando il livello dei componenti positivi in dichiarazione potranno avere dunque accesso al nuovo regime premiale.

Particolare rilievo assumono gli esoneri dall’applicazione del visto di conformità per l’utilizzo in compensazione dei crediti Iva fino a 50.000 euro e dei crediti per imposte sui redditi ed Irap fino a 20.000 euro. Tale beneficio assume particolare rilievo in relazione alla contestuale stretta all’utilizzo in compensazione di tali crediti introdotta dall’art. 3 dello stesso decreto legge.

I soggetti più affidabili, sia naturalmente che per adeguamento, risulteranno poi esclusi dalla disciplina delle società non operative di cui all’art. 30 L. 23.12.1994, n. 724 sia per quanto riguarda il mancato superamento del c.d. test di operatività, sia per quanto riguarda le perdite sistemiche.

Le nuove tipologie di contratti occasionali

In sostituzione degli abrogati “voucher INPS”, il Governo sta introducendo 2 diverse tipologie contrattuali di prestazioni occasionali. I nuovi rapporti saranno disciplinati sia da norme comuni sia da norme ad hoc.

Le norme comuni prevedono:

  • i compensi riconoscibili a ogni lavoratore, dai vari utilizzatori, non devono eccedere € 5.000;
  • ogni lavoratore non può percepire dallo stesso utilizzatore compensi oltre € 2.500;
  • i compensi versati da ciascun utilizzatore, a tutti i lavoratori, non devono eccedere € 5.000, limite elevato a € 6.666 per alcuni soggetti (titolari di pensione di vecchiaia o di invalidità; studenti con meno di 25 anni di età e disoccupati);
  • le ore giornaliere possono essere, al massimo, 4 continuative e 280 ore all’anno.

Utilizzatori e prestatori svolgeranno i relativi adempimenti sul portale INPS che supporterà le operazioni di versamento delle somme e di accreditamento dei compensi.

Tipologie:

Libretto Famiglia (“LF”): riservato alle persone fisiche non operanti nell’esercizio di attività professionali o d’impresa, che potrà essere acquistato attraverso la piattaforma informatica INPS o presso gli uffici postali ed è un libretto telematico, nominativo e prefinanziato, utilizzabile per il pagamento di uno o più lavoratori.

Prestazioni ammesse: piccoli lavori domestici, assistenza domiciliare, insegnamento privato supplementare, servizi di baby-sitting.

Compenso orario: € 10 lordi, comprensivi dei contributi alla Gestione separata INPS (€ 1,65), del premio INAIL (€ 0,25) e degli oneri gestionali (€ 0,10). Il valore netto si riduce così a € 8.

Contratto di prestazione occasionale (PrestO): è utilizzabile da imprenditori, professionisti, enti non profit, purché:

  • non abbiano più di 5 lavoratori subordinati a tempo indeterminato;
  • non appartengano a settori ad alto rischio infortuni (edilizia e settori affini, miniere, cave e torbiere, escavazione o lavorazione di materiale lapideo);
  • non operino per l’esecuzione di appalti di opere o servizi.

Il PrestO è utilizzabile anche dalla P.A., limitatamente ad alcune specifiche finalità.

Compenso orario. Il compenso minimo è di € 9 netti. Restano a carico degli utilizzatori: i contributi INPS (33%); il premio INAIL (3,5%); gli oneri gestionali (1%). Quindi, il compenso lordo è di € 12,375. La prestazione minima usufruibile è per € 36, per massimo 4 ore continuative nell’arco della giornata.

Trasformazione del rapporto: se le prestazioni rese da un prestatore a un medesimo utilizzatore eccedono € 2.500 o 280 ore nell’arco dello stesso anno civile, il PrestO si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.

L’utilizzatore comunicherà i dati identificativi del lavoratore e della prestazione e il compenso pattuito: entro il 3° giorno del mese successivo allo svolgimento della prestazione (per LF) o almeno un’ora prima dell’inizio della prestazione (per PrestO).

L’erogazione dei compensi è effettuata dall’INPS entro il 15 del mese successivo alla prestazione.

Videosorveglianza del lavoratore domestico

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (nota prot. n. 23317), ha fornito un parere in merito alla possibilità di installare un impianto di videosorveglianza all’interno di un’abitazione privata nella quale è presente un lavoratore domestico.

Nel parere prodotto è stato enunciato quanto segue:

Il rapporto di lavoro domestico, in considerazione della peculiarità dello stesso, sin dall’origine ha goduto di una regolamentazione specifica, che, per l’appunto, tiene conto delle speciali caratteristiche che contraddistinguono la prestazione lavorativa resa dal lavoratore, l’ambiente lavorativo e, fattore non irrilevante, la particolare natura del soggetto datoriale.

Alla luce di siffatte considerazioni, è del tutto evidente che anche le fasi di estinzione del contratto di lavoro domestico sono disciplinate da un corollario normativo che, si può dire quasi fisiologicamente, si allontana dalle regole generali che assistono, ordinariamente, il momento di interruzione del legame negoziale fra le parti interessate.

All’interno quindi del perimetro normativo delineato, il rapporto di lavoro domestico è sottratto alla tutela dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300/1970) poiché in questo caso, il datore di lavoro è un soggetto privato non organizzato in forma di impresa.

Di conseguenza è esclusa l’applicabilità dei limiti e dei divieti di cui all’art. 4 della legge n. 300/1970, che insieme agli artt. 2, 3 e 6 costituisce un corpus normativo tipico di una dimensione “produttivistica” dell’attività di impresa, differenziandosi, invece, a titolo esemplificativo, dalla natura estensiva dell’applicabilità dell’art. 8 dello Statuto, che pone il divieto di indagini su profili del lavoratore non attinenti alle sue attitudini professionali e che trova piena cittadinanza anche nell’ambito del lavoro domestico.

L’esclusione del lavoro domestico dall’applicabilità dell’art. 4 della legge n. 300/1970 non sottrae al rispetto dell’ordinaria disciplina sul trattamento dei dati personali, essendo confermata la tutela del diritto del lavoratore alla riservatezza, garantita dal d.lgs. n. 196/2003, che dispone la necessarietà del consenso preventivo e del connesso obbligo informativo degli interessati.

Nell’ambito domestico, il datore di lavoro, anche nel caso di trattamento di dati riservati per finalità esclusivamente personali, incontra i vincoli posti dalla normativa sul trattamento dei dati personali a tutela della riservatezza e in particolare quanto previsto dall’art. 115 del d.lgs. n. 196/2003.

Anche alla luce delle considerazioni esposte, si evince la peculiarità del lavoro domestico che ha sempre goduto di una regolamentazione specifica che tiene conto delle speciali caratteristiche che contraddistinguono la prestazione lavorativa resa dal lavoratore, l’ambiente lavorativo e la particolare natura del soggetto datoriale.

L’esclusione del lavoro domestico dall’applicabilità dell’art. 4 della L. n. 300/1970 non sottrae al rispetto dell’ordinaria disciplina sul trattamento dei dati personali, essendo confermata la tutela del diritto del lavoratore alla riservatezza che dispone la necessità del consenso preventivo e del connesso obbligo informativo degli interessati. Nell’ambito domestico, il datore di lavoro, anche nel caso di trattamento di dati riservati per finalità esclusivamente personali, incontra i vincoli posti dalla normativa sul trattamento dei dati personali a tutela della riservatezza e in particolare quanto previsto dall’art. 115 del D.Lgs. n. 196/2003.

La violazione degli obblighi di fedeltà

Secondo una recente pronuncia della Corte di Cassazione (sentenza n. 3186/2017), la violazione dell’obbligo di fedeltà derivante dall’art. 2105 del codice civile non richiede che l’attività di concorrenza sleale sia attuata, anche gli atti compiuti potenzialmente lesivi degli interessi del datore di lavoro sono sufficienti a configurare la condotta illecita.

Secondo la suprema Corte infatti, l’obbligo di fedeltà a carico del lavoratore subordinato ha un contenuto più ampio rispetto ai divieti espressamente previsti dall’art. 2105 c.c., perché detta norma deve essere integrata con gli artt. 1175 e 1375 c.c., che impongono correttezza e buona fede anche nei comportamenti extralavorativi.

Il lavoratore è pertanto tenuto ad astenersi da qualsiasi condotta che risulti in contrasto con i doveri connessi al suo inserimento nella struttura e nell’organizzazione dell’impresa o crei conflitto con le finalità e gli interessi della medesima o sia comunque idonea a ledere irrimediabilmente il presupposto fiduciario del rapporto.

Secondo quanto esposto quindi, nonostante l’ipotesi formalmente prevista dall’art. 2105 c.c. postuli il compimento di atti, sia pure iniziali, di gestione di attività concorrente ai fini della violazione dell’obbligo di fedeltà nei termini più ampi sopra intesi, assume rilievo anche la mera preordinazione di attività contraria agli interessi del datore di lavoro, ivi compresa la attività del dipendente volta alla costituzione di una società o di una impresa individuale avente ad oggetto la medesima attività economica svolta dal datore di lavoro.

Riduzione compensazione crediti IVA

Attraverso l’art. 3 del D.L. 50/2017, sono state disposte le nuove modalità per i limiti alla compensazione dei crediti IVA, con l’obbligo dell”apposizione del visto di conformità per i crediti oltre i 5.000 euro.

La manovra Correttiva introduce la riduzione da 15.000 a 5.000 euro della soglia del credito IVA da certificare per l’utilizzo in compensazione nel modello F24.

Questa disposizione evidenzia l’importanza dell’individuazione del soggetto che appone il visto, per evitare l’inefficacia dello stesso, che deve essere posto da un soggetto abilitato, per non incorrere nel recupero delle compensazioni indebite con relative sanzioni.

I soggetti autorizzati all’apposizione del visto sono indicati sul sito dell’Agenzia delle Entrate, nella sezione “Ricerca professionisti abilitati all’apposizione del visto di conformità” e possono essere individuati inserendo nome, cognome del professionista e il Comune di indirizzo dello studio, ricevendo immediata risposta sull’abilitazione o meno del professionista al visto leggero.

Oltre al credito IVA e sempre allo scopo di contrastare le compensazioni di crediti d’imposta inesistenti, il D.L. n. 50/2017 introduce i nuovi limiti anche per imposte diverse dall’IVA.

Infatti, il visto di conformità dovrà essere posto anche sulle dichiarazioni dei Redditi e Irap nel momento in cui riportano un credito superiore a 5.000,00 euro e per il quale si intende procedere alle compensazioni.

Per quanto riguarda il modello F24 con il quale si vorrà porre in essere una compensazione, inoltre, esso dovrà essere trasmesso solo tramite i canali telematici dell’Agenzia delle Entrate, escludendo la possibilità dell’home banking o di modalità diverse. Ciò consente un controllo immediato tra F24 trasmesso e la dichiarazione che riporta il credito IVA corrispondente con l’apposizione del visto di conformità.

Modello 730/2017

Il 730 è il modello per la dichiarazione dei redditi dedicato ai lavoratori dipendenti e pensionati.
Il modello 730 presenta diversi vantaggi. Principalmente, il contribuente non deve eseguire calcoli e ottiene il rimborso dell’imposta direttamente nella busta paga o nella rata di pensione, a partire dal mese di luglio (per i pensionati a partire dal mese di agosto o di settembre); se, invece, deve versare delle somme, queste vengono trattenute dalla retribuzione (a partire dal mese di luglio) o dalla pensione (a partire dal mese di agosto o settembre) direttamente nella busta paga. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione, in una specifica area del suo sito internet, il 730 già precompilato, a cui si accede utilizzando il codice Pin dei servizi telematici (Fisconline) oppure utilizzando anche le credenziali dispositive rilasciate dall’Inps o la Carta nazionale dei servizi oppure tramite SPID (Sistema Pubblico dell’Identità Digitale).

La documentazione da produrre:

  • La Certificazione Unica e le altre certificazioni che documentano le ritenute;
  • Gli scontrini, le ricevute, le fatture e le quietanze che provano le spese sostenute;
  • Gli attestati di versamento d’imposta eseguiti con il modello F24;
  • I dati dei terreni e dei fabbricati posseduti, a disposizione o in affitto, anche se si tratta di abitazione principale;
  • La dichiarazione modello Unico in caso di crediti per cui il contribuente ha richiesto il riporto nella successiva dichiarazione dei redditi.

Deduzioni e detrazioni

Il contribuente deve esibire tutti i documenti che dimostrano il diritto alle deduzioni e detrazioni richieste in dichiarazione.

Detrazioni:

  • Spese sanitarie;
    Interessi per mutui ipotecari per acquisto dell’abitazione principale;
  • Spese per istruzione;
  • Spese per canoni di locazione sostenute da studenti universitari fuori sede;
    Spese funebri;
  • Spese per attività sportive per ragazzi;
  • spese per intermediazione immobiliare;
  • Spese veterinarie;
  • Premi per assicurazioni vita e infortuni;
  • Erogazioni liberali ad associazioni senza scopo di lucro;
  • Spese per asili nido.

Deduzioni:

  • Contributi previdenziali e assistenziali obbligatori verso l’ente pensionistico di appartenenza e volontari a forme pensionistiche complementari nel limite;
  • Assegni periodici corrisposti al coniuge;
  • Contributi per gli addetti ai servizi domestici e familiari;
  • Spese per l’acquisto o la costruzioni di abitazioni date in locazione.

 

Srl e doppia gestione contributiva

Ai soci delle Società a responsabilità limitata che rivestano all’interno dell’azienda il doppio ruolo dell’attività di amministratore e di socio lavoratore, viene richiesto come adempimento obbligatorio l’iscrizione alla doppia gestione contributiva: Gestione commercianti (ex Legge n. 613/1966) e Gestione Separata (Legge n. 335/1995).

Per poter procedere all’unica iscrizione alla Gestione Separata, il socio deve rivestire esclusivamente ruolo amministrativo e che lo svolgimento di attività di carattere commerciale non si possa qualificare personale e abituale (non più prevalente).

Il concetto di abitualità viene definito nella Circolare INPS n. 78/2013 che per una sua valutazione evidenzia la sistematicità e la reiterazione della prestazione, la presenza/assenza di altri dipendenti e, inoltre, i contenuti dell’attività lavorativa possono essere sia carattere esecutivo che organizzativo-direzionale. Inoltre, come sancito dall’Agenzia delle Entrate con risoluzione 16.12.2011, n. 126/E, i connotati di abitualità, sistematicità e continuità dell’attività economica vanno intesi in senso relativo e, di conseguenza, la nozione di imprenditore può determinarsi anche in ragione del compimento di un unico affare. L’iscrizione alla Gestione Separata, pertanto, incorrerà a seguito dello svolgimento delle mansioni di amministratore nel momento in cui dovessero essere riconosciuti emolumenti.

Nel caso invece in cui il socio-amministratore svolga un’attività più ampia, così come indicato dall’Inps, sarà necessaria anche l’iscrizione dello stesso alla Gestione Commercianti.

L’ammontare di tale contributo è rapportato ai redditi dichiarati ai fini Irpef dalla società, in relazione alla quota sociale, a prescindere dalla verifica dell’eventuale attività lavorativa, nonché a prescindere da eventuali accantonamenti a riserva o dall’effettiva distribuzione degli utili. La Gestione Separata, infatti, può coesistere con l’iscrizione ad altre gestioni previdenziali in quanto non risulta subordinata al requisito di prevalenza dell’attività. In questo caso risulta irrilevante il principio della prevalenza in relazione al ruolo di amministratore.

In caso di non rispetto della suddetta impostazione, l’onere probatorio grava sull’ente previdenziale, tenuto a provare i fatti costitutivi dell’obbligo.