Videosorveglianza del lavoratore domestico

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (nota prot. n. 23317), ha fornito un parere in merito alla possibilità di installare un impianto di videosorveglianza all’interno di un’abitazione privata nella quale è presente un lavoratore domestico.

Nel parere prodotto è stato enunciato quanto segue:

Il rapporto di lavoro domestico, in considerazione della peculiarità dello stesso, sin dall’origine ha goduto di una regolamentazione specifica, che, per l’appunto, tiene conto delle speciali caratteristiche che contraddistinguono la prestazione lavorativa resa dal lavoratore, l’ambiente lavorativo e, fattore non irrilevante, la particolare natura del soggetto datoriale.

Alla luce di siffatte considerazioni, è del tutto evidente che anche le fasi di estinzione del contratto di lavoro domestico sono disciplinate da un corollario normativo che, si può dire quasi fisiologicamente, si allontana dalle regole generali che assistono, ordinariamente, il momento di interruzione del legame negoziale fra le parti interessate.

All’interno quindi del perimetro normativo delineato, il rapporto di lavoro domestico è sottratto alla tutela dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300/1970) poiché in questo caso, il datore di lavoro è un soggetto privato non organizzato in forma di impresa.

Di conseguenza è esclusa l’applicabilità dei limiti e dei divieti di cui all’art. 4 della legge n. 300/1970, che insieme agli artt. 2, 3 e 6 costituisce un corpus normativo tipico di una dimensione “produttivistica” dell’attività di impresa, differenziandosi, invece, a titolo esemplificativo, dalla natura estensiva dell’applicabilità dell’art. 8 dello Statuto, che pone il divieto di indagini su profili del lavoratore non attinenti alle sue attitudini professionali e che trova piena cittadinanza anche nell’ambito del lavoro domestico.

L’esclusione del lavoro domestico dall’applicabilità dell’art. 4 della legge n. 300/1970 non sottrae al rispetto dell’ordinaria disciplina sul trattamento dei dati personali, essendo confermata la tutela del diritto del lavoratore alla riservatezza, garantita dal d.lgs. n. 196/2003, che dispone la necessarietà del consenso preventivo e del connesso obbligo informativo degli interessati.

Nell’ambito domestico, il datore di lavoro, anche nel caso di trattamento di dati riservati per finalità esclusivamente personali, incontra i vincoli posti dalla normativa sul trattamento dei dati personali a tutela della riservatezza e in particolare quanto previsto dall’art. 115 del d.lgs. n. 196/2003.

Anche alla luce delle considerazioni esposte, si evince la peculiarità del lavoro domestico che ha sempre goduto di una regolamentazione specifica che tiene conto delle speciali caratteristiche che contraddistinguono la prestazione lavorativa resa dal lavoratore, l’ambiente lavorativo e la particolare natura del soggetto datoriale.

L’esclusione del lavoro domestico dall’applicabilità dell’art. 4 della L. n. 300/1970 non sottrae al rispetto dell’ordinaria disciplina sul trattamento dei dati personali, essendo confermata la tutela del diritto del lavoratore alla riservatezza che dispone la necessità del consenso preventivo e del connesso obbligo informativo degli interessati. Nell’ambito domestico, il datore di lavoro, anche nel caso di trattamento di dati riservati per finalità esclusivamente personali, incontra i vincoli posti dalla normativa sul trattamento dei dati personali a tutela della riservatezza e in particolare quanto previsto dall’art. 115 del D.Lgs. n. 196/2003.